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LA PIZZA

L’etimologia del nome “pizza” deriverebbe secondo alcuni, da pinsa, “tpinsa” o “tpansa” (dal lingua napoletana), participio passato del verbo latino pinsere oppure del verbo “pansere”, cioè pestare, schiacciare, pigiare che deriverebbe da pita di origine greca.

Studi più recenti propongono anche altre ipotesi: la parola deriverebbe dal germanico (longobardo o gotico) dell’alto tedesco d’Italia bĭzzo-pĭzzo (da cui anche in tedesco moderno Bissen: “boccone”, “pezzo di pane”, “tozzo di focaccia”).

Di fatto queste tesi sembrano contraddittorie, ma essendo un alimento così diffuso l’etimologia originaria e arcaica di questa parola non è evidente. Il dibattito tra i massimi studiosi è tutt’oggi aperto.

Origine

La pizza ha una storia lunga, complessa e incerta. Le prime attestazioni scritte della parola “pizza” risalgono al latino volgare nel 997 e nel 1200. In seguito, nel XVI secolo a Napoli ad un pane schiacciato venne dato il nome di pizza: un piatto dei poveri, venduto in strada e per lungo tempo non considerato una vera e propria ricetta di cucina.

L’Antica Pizzeria Port’Alba a Napoli è considerata la più antica pizzeria della città ancora oggi esistente: qui iniziarono a produrre focacce simili a pizze per venditori ambulanti nel 1738. Una descrizione della pizza a Napoli intorno al 1835 è data dallo scrittore ed esperto di cibo francese Alexandre Dumas (padre) nella sua opera Il Corricolo. Egli scrive che la pizza era l’unico cibo per la gente umile a Napoli durante l’inverno, e che “a Napoli la pizza è aromatizzata con olio, lardo, formaggio, pomodoro, o acciughe sotto sale“.

Secondo la tradizione nel giugno 1889, per onorare la Regina d’Italia Margherita di Savoia, il pizzaiolo Raffaele Esposito creò la “Pizza Margherita”, una pizza condita con pomodori, mozzarella e basilico, per rappresentare i colori della bandiera italiana. In realtà si hanno notizie di una pizza con i medesimi ingredienti ben prima della venuta dei Re Savoia: ne parlano infatti Francesco De Bouchard nel 1866. Il nome Margherita sarebbe quindi da attribuire alla disposizione della mozzarella sul disco condito con il pomodoro, che ricorda appunto la sagoma di questo fiore.

Lentamente la focaccia di origine popolare arricchita con pomodoro si diffuse in tutte le classi sociali e in tutte le regioni italiane, e con essa anche i locali specializzati nella preparazione della pizza.

Fino agli inizi del Novecento la pizza e le pizzerie rimangono un fenomeno prettamente napoletano, successivamente nel secondo dopoguerra iniziò a diffondersi anche nell’Italia settentrionale, poi, sull’onda dell’emigrazione, anche all’estero.

Gli italiani emigrati hanno fatto conoscere, apprezzare e anche modificare la pizza nel mondo. Oggi ormai anche molti cuochi di differenti nazionalità sono diventati esperti pizzaioli per i quali esiste anche un campionato mondiale. Oggi il giro di affari legato alla pizza (pizzerie, consegne a domicilio, surgelati, catene di fast food) è molto rilevante nel mondo, al punto che alcuni abili imprenditori (come ad esempio l’americano Tom Monaghan fondatore della Domino’s Pizza) hanno costruito intorno alla pizza grandi fortune.

I Napoletani prendono la loro pizza molto seriamente. I puristi, come nella famosa pizzeria “Da Michele” in Via C. Sersale (fondata nel 1870) sostengono che esistono solo due vere pizze: la “Marinara” e la “Margherita. La Marinara è la più antica e ha un condimento di pomodoro, origano, aglio, olio extra-vergine d’oliva e solitamente basilico. Era chiamata “Marinara” non, come molti credono, perché contiene pesce (non è così) ma perché era il cibo che i pescatori mangiavano quando tornavano a casa dalle lunghe giornate di pesca. La Margherita è invece attribuita al panettiere Raffaele Esposito.

La pizza napoletana è l’unico tipo di pizza italiano riconosciuto in ambito nazionale ed europeo. Dal 4 febbraio 2010, infatti, è ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita della Comunità Europea e l’Unione ha concesso la denominazione di Specialità Tradizionale Garantita (STG) a salvaguardare la tradizionale pizza “Margherita” e “Marinara”.

L’”Associazione Verace Pizza Napoletana”, fondata nel 1984, ha stabilito regole molto specifiche che devono essere seguite per un’autentica Pizza Napoletana. Nell’impasto classico napoletano non è ammesso nessun tipo di grasso, soltanto acqua, farina, lievito (di birra o naturale) e sale. Nella più stretta tradizione prevede solo due varianti:

La pizza deve essere cucinata in un forno a legno, (mai quindi utilizzando altri modi di cottura come per esempio il forno elettrico), alla temperatura di 485 °C per non più di 60-90 secondi; che la base deve essere fatta a mano e non deve essere utilizzato il mattarello o comunque non è consentito l’utilizzo di mezzi meccanici per la sua preparazione e che la pizza non deve superare i 35 cm di diametro o essere spessa più di un terzo di centimetro al centro.

L’associazione seleziona anche le pizzerie nel mondo per produrre e diffondere la filosofia e il metodo della pizza verace napoletana.

E ora andiamo a mangiare una buona pizza!!

Buon appetito.